STORIA - Ma veniamo alla scelta della professione.
CAMPANILE - Quand'ero ragazzo, i miei genitori parlavano spesso della
professione che avrei dovuto esercitare un giorno. A quell'epoca, s'era
convinti che l'avvenire fosse delle scienze esatte e mio padre progettò di
destinarmi all'ingegneria; e, poiché allora si parlava per l'Italia di
avvenire sul mare, all'ingegneria navale. lo udivo questi discorsi e
dentro di me ero triste perché non volevo fare l'ingegnere navale. L'idea
che un giorno avrei dovuto costruire navi mi riempiva di malinconia.
Sapevo di doverlo fare, ma la cosa non mi sorrideva. Mi pareva che mi si
stesse preparando una prigione. Pensavo pure che mi sarebbe riuscito molto
difficile costruire navi che stessero a galla. E in realtà, se avessi
fatto l'ingegnere navale, è quasi certo che le navi da me costruite
sarebbero finite dritte dritte in fondo al mare, fin dal momento del varo:
da bimbo pensavo con angoscia alla figura che avrei fatto di fronte alle
autorità presenti alla cerimonia, al danno che avrei causato a coloro che
avean commesso l'imprudenza di commissionarmi la costruzione del colosso
oceanico, alla mia confusione mentre la folla si sbandava spoetizzata. Per
fortuna il progetto naufragò come le navi che avrei dovuto costruire.
STORIA - Ma lei non aveva una vocazione?
CAMPANILE - E come! Adesso ci vengo. Però prima voglio dirle che ogni
tanto i miei esprimevano il rammarico che io non avessi la vocazione
religiosa. Mia madre mi avrebbe visto volentieri prete, mio padre monaco.
A lui, di tendenze mistiche, piaceva immaginare per il figliolo la pace di
un piccolo chiostro fiorito. Quanto a me, pensavo che, se fossi potuto
diventare cardinale di colpo, la carriera ecclesiastica poteva anche non
dispiacermi. Ma seminarista! Parroco! Il Papa può elevare anche un laico
alla porpora, pensavo, e chissà che un giorno non veda arrivarmi a casa il
cappello cardinalizio. E, da Cardinale a Papa, il passo è breve. Mio padre
si entusiasmava all'idea di Montecassino. Mia madre diceva: "No, un monaco
è perduto per la famiglia. Meglio prete, che resta nel mondo". "Caso
mai,", obbiettava mio padre che aveva una predilizione per il saio,
"frate". lo sentivo questi discorsi, non contrariavo mai nessuno, ma
dentro di me pensavo: "Sì, frate, non voglio far altro!". Anche perché fin
dalla nascita mi ero subito accorto che il mondo è pieno di belle ragazze.
Intanto io dentro di me, sapevo, come una cosa certissima e ovvia, che un
giorno sarei diventato scrittore. Dirò di più: scrittore celebre. La cosa
non mi faceva nessuno speciale effetto. Mi pareva logica e naturalissima e
mi lasciava dei tutto indifferente.
(Canto. declamazione, o melologo, ad libitum)
Ero studente, allora,
e andavo ogni mattina
a scuola, sgambettando per le vie della città.
Se quel ricordo sfiora
l'anima mia tapina,
io provo, ripensando al dì che lagrimar mi fa,
un desiderio strano
per quel tempo lontano.
Lo vedo e non ci credo,
lo penso e non mi pare,
ma come ho fatto,
come ho fatto tanto ad invecchiare?
Sebbene non si debba
poi troppo esagerare
con questa storia d'esser vecchi,
io mi sento di poter dare
filo da torcere a parecchi
e specialmente a queste sirenette
delle cinque parti del mondo.