Utilizziamo i cookie per consentire il corretto funzionamento e la sicurezza dei nostri siti web e per offrire agli utenti la migliore esperienza possibile. Cliccando su Accetta, chiudendo questo banner o interagendo con i link o i bottoni al di fuori di questo banner, acconsenti all'utilizzo dei cookie per scopi tecnici e/o statistici.
Per maggiori informazioni, puoi consultare la nostra Informativa su privacy e cookie.


RIFIUTO  ACCETTA  INFORMAZIONI


pagina 2 di 14

Questa commedia di A. Campanile fu trasmessa alla Radio il 6 novembre 1960 e pubblicata in "Ridotto", rassegna mensile di Teatro nel numero 3 di marzo 1984
Vai a pagina 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 | 10 | 11 | 12 | 13 | 14

STORIA - Ma veniamo alla scelta della professione.

CAMPANILE - Quand'ero ragazzo, i miei genitori parlavano spesso della professione che avrei dovuto esercitare un giorno. A quell'epoca, s'era convinti che l'avvenire fosse delle scienze esatte e mio padre progettò di destinarmi all'ingegneria; e, poiché allora si parlava per l'Italia di avvenire sul mare, all'ingegneria navale. lo udivo questi discorsi e dentro di me ero triste perché non volevo fare l'ingegnere navale. L'idea che un giorno avrei dovuto costruire navi mi riempiva di malinconia. Sapevo di doverlo fare, ma la cosa non mi sorrideva. Mi pareva che mi si stesse preparando una prigione. Pensavo pure che mi sarebbe riuscito molto difficile costruire navi che stessero a galla. E in realtà, se avessi fatto l'ingegnere navale, è quasi certo che le navi da me costruite sarebbero finite dritte dritte in fondo al mare, fin dal momento del varo: da bimbo pensavo con angoscia alla figura che avrei fatto di fronte alle autorità presenti alla cerimonia, al danno che avrei causato a coloro che avean commesso l'imprudenza di commissionarmi la costruzione del colosso oceanico, alla mia confusione mentre la folla si sbandava spoetizzata. Per fortuna il progetto naufragò come le navi che avrei dovuto costruire. STORIA - Ma lei non aveva una vocazione?

CAMPANILE - E come! Adesso ci vengo. Però prima voglio dirle che ogni tanto i miei esprimevano il rammarico che io non avessi la vocazione religiosa. Mia madre mi avrebbe visto volentieri prete, mio padre monaco. A lui, di tendenze mistiche, piaceva immaginare per il figliolo la pace di un piccolo chiostro fiorito. Quanto a me, pensavo che, se fossi potuto diventare cardinale di colpo, la carriera ecclesiastica poteva anche non dispiacermi. Ma seminarista! Parroco! Il Papa può elevare anche un laico alla porpora, pensavo, e chissà che un giorno non veda arrivarmi a casa il cappello cardinalizio. E, da Cardinale a Papa, il passo è breve. Mio padre si entusiasmava all'idea di Montecassino. Mia madre diceva: "No, un monaco è perduto per la famiglia. Meglio prete, che resta nel mondo". "Caso mai,", obbiettava mio padre che aveva una predilizione per il saio, "frate". lo sentivo questi discorsi, non contrariavo mai nessuno, ma dentro di me pensavo: "Sì, frate, non voglio far altro!". Anche perché fin dalla nascita mi ero subito accorto che il mondo è pieno di belle ragazze.

Intanto io dentro di me, sapevo, come una cosa certissima e ovvia, che un giorno sarei diventato scrittore. Dirò di più: scrittore celebre. La cosa non mi faceva nessuno speciale effetto. Mi pareva logica e naturalissima e mi lasciava dei tutto indifferente.

(Canto. declamazione, o melologo, ad libitum)

Ero studente, allora,
e andavo ogni mattina
a scuola, sgambettando per le vie della città.

Se quel ricordo sfiora
l'anima mia tapina,
io provo, ripensando al dì che lagrimar mi fa,
un desiderio strano
per quel tempo lontano.
Lo vedo e non ci credo,
lo penso e non mi pare,
ma come ho fatto,
come ho fatto tanto ad invecchiare?

Sebbene non si debba
poi troppo esagerare
con questa storia d'esser vecchi,
io mi sento di poter dare
filo da torcere a parecchi
e specialmente a queste sirenette
delle cinque parti del mondo.


Vai a pagina 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 | 10 | 11 | 12 | 13 | 14

top | back