Campanile conobbe la notorietà ancora assai giovane. Aveva poco più di vent'anni e veniva considerato un "piccolo maestro". Aveva presentato le sue carte di
credito con i testi teatrali (l'incontro con Bragaglia del Teatro degli Indipendenti) con largo anticipo su certo teatro europeo dell'assurdo. Nessuno gli poteva
togliere la vena di cui era dotato, e che da allora, erano gli anni '20, in poi si rivelò sempre più ricca, in ogni campo. Nel giro di poco più di vent'anni,
scrisse altre cinquanta commedie circa seicento "
Tragedie in due battute", oltre dieci romanzi. Il suo periodo più fervido è stato quello dal 24 al '35, in cui
scrisse i primi romanzi.
Il suo primo grande successo era stato
Ma che cosa è quest'amore?, che aveva pubblicato a puntate su un
giornale romano, il Sereno.
L'editore Treves lo aveva ripreso due anni dopo nel '26, e ne aveva stampato duemila copie che andarono via in pochissimi giorni.
Dovettero ristamparne subito tremila, e poi migliaia ancora, e solo alla terza volta si convinse a non buttar via il piombo e a rifare tutto da capo come era avvenuto
le volte precedenti.
Seguirono, nel giro di pochi anni, "
Se la luna mi porta fortuna", "
Giovinotti non esageriamo",
"
Agosto, moglie mia non ti conosco", "
In campagna è un'altra cosa (c'è più gusto)" che consolidarono la sua popolarità
di umorista personalissimo, un caposcuola e, come tale, contribuì al rilancio del quotidiano torinese Gazzetta del Popolo seguendo come inviato il Giro d' Italia 1932.
Le cronache di
Battista al Giro d'Italia furono poi raccolte in un vendutissimo libro. Nel 1933 il successo nel premio letterario "Viareggio" con Cantilena
all'angolo della strada.
Sulla sua produzione teatrale i critici furono divisi, sin dalla presentazione di
Centocinquanta la gallina
canta. La commedia
L'amore fa fare questo e altro fu sonoramente contestata e sospesa dopo alcune repliche sfortunate.
Si avvicinò al cinema, scrivendo la sceneggiatura del film "
Animali pazzi", il secondo film di
Totò,
il cui titolo originale era "Il neo col pelo". L'esperienza, non esaltante, si concluse con "
Senza una donna" e "
La zia di Carlo" nel 1943.
Dopo la guerra, nel suo periodo milanese, Campanile scrisse
Viaggio di nozze in molti (1946), ma sembrava che avesse già
detto tutto. Solo il romanzo "
Il povero Piero", una riuscita riflessione ironica sul funerale e sulla morte, nel 1959 interrompe quello che sembrava un
dignitoso declino, ma si dovettero aspettare gli anni '70 e, sull'influenza dei riconoscimenti d'oltralpe, Campanile fu riscoperto dai nonni
che lo avevano già letto negli Anni Venti, dai padri che lo ebbero caro tra gli Anni Trenta e Quaranta, e dai nipoti che lo apprezzavano per la sua immutabile
freschezza. Vince nuovamente il "Viareggio" con il
Manuale di conversazione (1973), le sue commedie vengono nuovamente e con successo riproposte nei
teatri italiani e all'estero. Viene candidato al premio "Strega" con
Gli asparagi e l'immortalità dell'anima, pubblica
l'Eroe e
continua fino alla fine a risistemare la sua vera autobiografia, quel
Benigno, che verrà pubblicato, solo in parte, dopo la sua morte.
Diceva di non sentirsi un umorista. Era un'etichetta restrittiva, limitativa, che non gli piaceva. Era uno scrittore e basta,
senza aggettivi. La sua visione umoristica della vita non è voluta. Il suo umorismo è nelle cose, nella vita che, a volte, sono molto serie.