La famiglia
Per Campanile la moglie Pinuccia o Nuccia, come più affettuosamente
la chiamava, e il figlio Gaetano erano la "famiglia". Molto giovane lei rispetto allo scrittore che, quando la sposò, aveva cinquantacinque anni, già in là con gli
anni lui, quando nacque Gaetano. Ed anche se la famiglia si è poi allargata, per la presenza di alcuni nipoti della moglie che vivevano con loro, Pinuccia e Gaetano
costituivano il punto di riferimento più saldo per il Campanile della maturità.
Oltre ad essere stati ispiratori di alcuni suoi racconti, "a Gaetano e Pinuccia" ha dedicato tutti i nuovi libri e le riedizioni di quelli vecchi.
I matrimoni
Achille Campanile si era sposato la prima
volta nel 1940. Della prima moglie, della quale si parlava sempre poco
volentieri in casa Campanile, pare anche difficile ricostruirne l'identità.
A Gaetano Campanile sembra di ricordare che si chiamasse Maria Rosa Lisa. Ma
nulla di più. E, a conferma che tutti detestavano questa figura di donna
avida e dispettosa, vi sono diverse foto dell'album di famiglia dove si vede
lo scrittore in una foto tagliata a metà: nell'altra parte ci doveva essere
la prima moglie. "Ci diede battaglie e fastidi fino alla fine"
ricorda ancora Gaetano Campanile "E' stata capace di mandare anche una
persona al funerale di mio padre per cercare di creare scompiglio tra i
parenti. Per fortuna, avendolo previsto, riuscimmo ad isolare quell' "emissario".
"Fu un matrimonio disgraziatissimo"
ricordava lo scrittore quando suo malgrado era costretto a parlarne
"che è durato tre anni; prima desideravo diventare vedovo, poi
desideravo che diventasse vedova lei, tanto per uscirne in qualche
modo" Ottenuto l'annullamento nel '55, non essendoci stati figli,
Campanile si è sposò religiosamente con Giuseppina detta Pinuccia due anni
dopo e dal
matrimonio è nato Gaetano. "Quando mi sono sposato" diceva
Campanile "Nuccia aveva diciassette anni e io, bè insomma non facciamo
i conti. In viaggio di nozze ci prendevano per padre e figlia, per zio e
nipote. A Rapallo stavamo in un appartamento e andavamo a mangiare in un
ristorante. Il cameriere si era innamorato di mia moglie. Pensava di
chiedermi la mano di Nuccia, e per conquistarmi alla sua causa mi serviva
dei piatti di fritti di pesce abbondantissimi, meravigliosi. Quindi io
zitto, non dicevo niente: pensavo, se no qui finisce questa vita. Poi andò
male lo stesso: lui, proprio mentre mi serviva, chiese se poteva essere
invitato a prendere una tazza di tè a casa nostra, perchè doveva
"parlarmi di cose serie". Il fratello che era vicino capì, gli
disse: "Ma guarda che quello è il marito e quella è la moglie".
Fu un colpo per il poveretto: gli cadde il piatto dei pesci che volarono in
tutte le direzione.
E attorno tutti ridevano.... Perché è così,
purtroppo, anche una cosa bella, come chiedere in moglie una ragazza, fa
ridere se ha un dolore di sfondo e se in primo piano hai dei piatti che si
rompono". In seguito però, forse per il fascino che lo scrittore
esercitava sulle donne, fu la signora Pinuccia a fare scene di gelosia, come
lo stesso Campanile raccontava spesso a proposito del loro
"secondo" matrimonio. "Quando ci dovevamo risposare in
municipio, perché, diciotto anni prima, avevamo fatto solo il matrimonio
religioso, Nuccia non voleva più sposarmi. Diceva che. quando ero stato in
ospedale, avevo dato un bacio all'infermiera. Ma Nuccia è restata qui. Che
cosa l'ha convinta? Gaetano. Le ha detto: "Mamma, non rompere. Alla tua
età, non ti vergogni? Dai vai a sposarti".
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La moglie giovane
Campanile aveva conosciuto Giuseppina Bellavita a Milano, presso lo studio di un notaio dove lei lavorava insieme ad una cugina. Era nata in un paesino del
bergamasco, Cologno al Serio, il 13 gennaio del 1935.
Deve essere stato un incontro determinante per entrambi, se solo poco tempo dopo che si erano conosciuti, il più importante scrittore umorista italiano e la giovane
e bella Pinuccia decisero di sposarsi. Era il 1955.
Giovane, estroversa, sempre in movimento, Nuccia Campanile era esattamente l'opposto del marito. Da quel momento rappresentò una presenza rassicurante e forte
a fianco dello scrittore, soprattutto con il trascorrere degli anni.
La sua energia, spesa soprattutto a tenere in pugno l'allegra ma faticosa brigata Campanile, non gli ha comunque impedito di ricavarsi un ruolo di preziosa
collaboratrice a fianco dello scrittore. Era lei che, sia durante la vita dello scrittore e soprattutto dopo, ha provveduto sempre a mettere ordine nelle carte
del marito, curandone la pubblicazione di diverse opere, instancabilmente fino al 26 novembre 1996, quando, è venuta a mancare.
Era sempre lei, l'unica a capire qualcosa nella scrittura di Campanile, a decifrarne i testi, scritti a mano su tutto quello che capitava. Provvedeva poi a
ricopiare a macchina. "In cambio mi prende pure in giro" raccontava la signora Pinuccia
"Penso di essere proprio io la dattilografa di cui parla in un racconto del suo libro, Manuale di conversazione, quella che con i suoi strafalcioni fa la fortuna
i uno scrittore dallo stile piatto".
"Oggi il lavoro più grosso è finito", diceva sempre sorridendo, durante il periodo trascorso a Lariano "le ragazze sono già diventate grandi e collaborano
all'andamento della casa... Ma all'inizio, con sei bambini piccoli... non si finiva mai di correre: qui un mal di testa... qui un ginocchio che sanguinava...
qui una brutta pagella... Per fortuna però i ragazzi, quando Campanile lavora, sono silenziosissimi. Hanno un enorme rispetto per il suo lavoro: rispetto,
ammirazione e considerazione" ripeteva la dolcissima Pinuccia dal pugno di ferro nel guanto di velluto." Sanno che se Campanile non lavora noi andiamo tutti
a rotoli... tirare avanti sei ragazzi non è facile".
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Gaetano
La paternità raggiunta quando gli altri
già pensano ad una meritata pensione e ad avere dei nipotini, oltre ad
avere reso felice Campanile, lo portava a considerare Gaetano "il mio
vero capolavoro".
Gaetano è venuto alla luce il 10 febbraio 1956 e
questa nascita scaturita da una unione solo religiosa, quindi
"illegittima" e "naturale" diede lo spunto allo scrittore per
l'esilarante dialogo "dell'acqua minerale" contenuto in
"Sogno (ad occhi aperti) in una notte di mezza estate". Lo scrittore era sempre molto fiero delle capacità del figlio tanto da
esaltarsi qualsiasi cosa facesse. Gaetano suonava ed allora sarebbe
diventato un grande musicista, dipingeva qualcosa ed allora ... che gran
pittore. Gaetano voleva salire sul violoncello, sul quale Campanile aveva
studiato musica, e lui lo lasciava fare. Come tutti i padri privi di
imparzialità, quando si discute dei propri figli.
I primi anni Gaetano li
trascorse a Milano. Di quel periodo lo stesso Campanile raccontava alcuni
episodi che denotano già che tipo dovesse essere il
piccolo Gaetano. "
A Milano avevo l'archivio nel bagno" raccontava Campanile "e mio
figlio Gaetano mostrò subito una straordinaria intelligenza: prese i miei
manoscritti e li buttò nella tazza del bagno". Gaetano doveva essere
un bambino "vivace" come si è soliti dire in questi casi. Anche
se spesso era lo stesso Achille a "servirsene" approfittando
dell'innocenza tipica dei bambini. Sempre al periodo milanese si riferisce un
episodio, piuttosto simpatico, accaduto una sera in casa Campanile durante una
cena tra amici. Prima di mettersi a tavola andava messo a letto
Gaetano, che aveva all'epoca quattro anni. Il piccolo, un po' riottoso, si
accingeva ad andarsene, accompagnato dalla madre quando lo scrittore disse,
incoraggiante: " Ma non saluti questi signori". Al che il piccolo,
che ormai era arrivato alla porta, si voltò e, sfoderando un innocente
sorriso disse, scandendo bene le parole: " Cacconi tutti". E
scomparve dopo un inchino. Silenzio generale tra gli ospiti, poi una
fragorosa risata, alla quale non si unì la voce di Campanile, autore dello
scherzo. Probabilmente rideva dentro, come era solito fare per ridere dei
casi della vita.
Degli scherzi di Gaetano hanno fatto le
spese personaggi illustri come Leonida Repaci e gli altri ospiti, come
Ercole Patti, e Mario Camerini, in casa Campanile o nelle riunioni
conviviali del giovedì sera sempre nello stesso ristorante di Roma. Quando
vanno a vivere a Lariano, in Contrada Arcioni, Gaetano ha diciasette anni e
vive il momento critico: prepararsi agli esami ad ottobre e però non
perdere gli ingaggi del suo gruppo musicale "Complesso Up" di
giovanissimi musicisti beat che sperimentano per arrivare agli effetti
della musica "drum". A chi gli chiedeva se Gaetano fosse uno
scrittore in embrione, Campanile rispondeva "No. Gaetano è bravissimo
come musicista. Suona con un complessino col quale si esibisce nei locali e
studia legge. Certo, se si vestisse meglio sarebbe proprio l'ideale di
figlio... Ma sembra che i giovani che si lavano non vanno più di moda... e
Gaetano è un ragazzo che si tiene... alla "moda"! ". Gaetano
talvolta sentiva però il peso della popolarità paterna. A scuola gli
insegnanti pretendevano che in italiano fosse "bravo come papà".
Campanile, tramite il figlio, gli mandava a dire che da ragazzo era stato
sempre un asino e da quella volta pare che i professori non abbiano toccato
più quel tasto. Invece era una bugia. All'età del figlio, lo scrittore
pubblicava già i primi articoli, i primi racconti sulla Tribuna di Roma, il
giornale dove lavorava il padre; raccoglieva i primi successi.
I compagni di scuola invidiavano a Gaetano il suo papà dall'aria hippy. Molti lo
chiamavano zio Achille e si confidavano con lui; non ne avevano soggezione
anche se avevano studiato qualche suo racconto nelle antologie. Dei giovani
Campanile diceva "I giovani sanno far tante cose ma sanno ridere poco;
bisogna arrivare ad una certa età per trovare il gusto dell'ironia, per
imparare a sorridere. Io non ho perso le speranze che mio figlio tra qualche
anno si incuriosisca di me e si dica: " Voglio un po' leggere che
scriveva questo mio vecchio" e si legga un mio libro e magari gli
scappi un sorriso".
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Colonnello , non rompa i...
Il colonnello abitava vicino ai Campanile e non era ben visto nella contrada per quel suo modo di fare , di dare sempre ordini (" là un muretto, via le pietre,
pulire la strada"). Disturbato dal rumore del complesso di Gaetano un giorno si presenta in divisa sul piazzale della proprietà del "dottore" e convoca il figlio,
ordinandogli il silenzio, minacciando denunce. Campanile lo sente, mentre sta lavorando sul terrazzo: " Permette", dice dall'alto con soavità, "può attendermi?".
Il colonnello è soddisfatto che un anziano signore così compito scenda a dargli man forte. Campanile viene abbasso, senza fretta, menziona sorridendo alcuni fondamentali
diritti dell'uomo, a norma di legge, e nelle ore concesse, entro il quale ambito, conclude: "in casa mia mio figlio ed io siamo liberi di fare quello che vogliamo.
E lei non rompa i ...". Il colonnello restò senza parola, da allora i contadini lo chiamarono con un altro nome e non si presentò mai più in casa Campanile.
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