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Oreste Del Buono
dall'introduzione a "Opere Romanzi e racconti 1924-1933"
All'inizio di ogni scritto d'oggi su Achille Campanile è rituale il lamento per le troppe sue assenze dalle principali storie della letteratura italiana contemporanea. è un modo sbagliato di cominciare perché tenta di posare a luogo comune: quello di considerare l'autore di cui ci si occupa ignorato dagli altri e, improvvisamente, straordinariamente, miracolosamente addirittura, scoperto da chi scrive. Nulla di più falso.

Quando Corbaccio (ora Dall'Oglio) pubblicò il suo primo romanzo Ma che cosa è quest'amore?, critici di valore e lettori di massa premiarono immediatamente Campanile con la loro attenzione e il loro acquisto. Le storie della letteratura italiana fanno sempre storia a sé e, per questo, anche le principali finiscono per risultare, al massimo, secondarie. Campanile si presentava come umorista, e l'umorismo è sempre stato un genere sospetto nelle storie della letteratura italiana e, per la verità, non solo italiana. Forse perché i compilatori delle storie della letteratura internazionale, mancando di senso dell'umorismo, non arrivano mai, o quasi, a valutare quale importanza possa avere in certe epoche l'umorismo non tanto per la letteratura, quanto per il costume, per la stessa vita mentale di una nazione.

Sino a ora, per esempio, non è stata studiata con sufficiente attenzione l'importanza della diffusione e del successo dell'umorismo durante il ventennio fascista. Quelli che sono passati attraverso il ventennio fascista, tranne rare eccezioni, come Federico Fellini, preferiscono non ricordare che l'umorismo è stato durante il ventennio cosiddetto nero uno dei pochi movimenti culturali, inconsapevolmente o consapevolmente, non del tutto arreso alla retorica di regime.