Alle 7 del mattino, Carl'Alberto entrò nella stazione di Roma e un facchino l'accompagnò al treno di Napoli.
"Veramente" osservò il giovane "io debbo andare a Firenze".
"Salga!" disse il facchino.
"Sempre prepotenze!" mormorò Carl'Alberto, prendendo posto nel treno di Napoli.
Mancava qualche minuto alla partenza.
Questi ultimi minuti sono i piú lunghi. Ormai, i viaggiatori e le persone che li hanno accompagnati alla stazione desiderano solo che il treno parta. A ogni segnale si rinnovano i saluti definitivi. Non c'è altro da dirsi. Trilla un campanello e tutti si salutano con aria di liberazione. Ma il treno non parte. Si sente un sibilo e di nuovo tutti si salutano. Ma il sibilo non si riferiva a questo treno. Squilla una trombetta: altri saluti, raccomandazioni e mezze frasi di conferma.
Quando nessuno se l'aspetta il treno profitta della generale disattenzione per partirsene cheto cheto.
Infatti, presso il treno parallelo a quello di Napoli stavano un giovane e una signorina che si erano abbracciati e baciati successivamente a causa d'una trombetta, d'un fischietto, d'un campanello, d'un sibilo di locomotiva e di due rintocchi metallici accordati con un salto di quarta.
All'improvviso il treno partì e il giovane, rimasto a terra, venne con la signorina accanto al treno di Napoli, come se fosse per lui indifferente andare in un paese o in un altro. I due nuovamente s'abbracciarono, avendo un ferroviere gridato: Signori, in carrozza.
"Salga" disse Carl'Alberto al giovane "Perderà anche questo treno".
"Non parto" rispose l'altro".
"Parte la signorina?"
"No. Si tratta d'un amore contrastato. Non potendo vederci in casa, veniamo qui per essere piú liberi. Fra poco parte il treno di Firenze e non vorremmo perderlo. Con permesso."
Da: "Ma cosa è quest'amore"
1927 - Corbaccio
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