Dal medico
Il salotto che serviva da stanza d'aspetto per i clienti del dottor Pastone, deserto e luminoso, era immerso nel silenzio. S'aprì la porta e la cameriera
introdusse un ometto pallido e tremulo, seguito da un donnone congestionato.
E si ritirò pianamente.
Nella stanza c'era un silenzio uggioso. Nessun rumore s'udiva di là dalla portachiusa che immetteva nel gabinetto di consultazione, non il minimo segno di
vitaveniva dal resto della casa, ch'era anche abitazione. Forse i bambini dei medici, in casa, non si muovono, non fiatano. Forse la moglie è sempre fuori.
I nuovi venuti si misero a sedere, dettero un'occhiata distratta ai soliti quadri che sono appesi alle pareti di questi salotti. Sul tavolinetto c'erano le solite
riviste vecchie che si trovano nelle anticamere dei medici. Il donnone ne prese una a caso e si mise a sfogliarla distrattamente.
"Ti sei segnato tutto quello che devi dirgli?" domandò piano all'ometto.
"Me lo ricordo, sta' tranquilla".
"Quando si va dal medico, scompaiono i sintomi e capita magari di dimenticarsi di dire le cose piú importanti".
"Non
c'è pericolo".
L'ometto pallido si guardò intorno un po' intimidito. Su una scrivania si vedevano molti telegrammi aperti.
"Quanti telegrammi!" mormorò il donnone.
L'ometto si dié a scorrerne qualcuno.
"Che dicono?" domandò lei.
L'ometto cominciò a leggergliene qualcuno a mezza voce. Nel silenzio uggioso s'udiva il bisbiglio incolore, monotono:
"Nostro caro che avevate in cura dipartitosi ieri per sempre stop. Segue lettera stop. Ossequi".
"Poveretto" mormorò la donna.
L'ometto passò a un secondo dispaccio:
"Morte strappatoci vostro cliente. Costernati dispensiamovi ulteriori visite, prosecuzione cura, salutiamo eccetera" .
"Siamo nati per soffrire" sospirò la donna, mentre l'ometto attaccava un terzo telegramma:
"Vostro paziente spirato stanotte fra braccia suoi cari".
"Pace all'anima sua" bisbigliò la donna.
"Comunicovi decesso vostro ammalato" prosegui l'ometto su un quarto telegramma.
Su un quinto:
"Presente per comunicarvi improvviso aggravamento seguito catastrofe vostro paziente nostro amatissimo congiunto".
Poi,
di telegramma in telegramma:
"Informiamovi straziati fine immatura nostro adorato padre affidato vostre cure".
"Partecipiamovi trapasso cliente. Ossequi." :'
"Vostro cliente cessato soffrire causa morte."
"Inutile veniate domattina perché cliente deceduto."
"Annunziamovi vostro cliente strappato nostro affetto tra sofferenze inenarrabili".
"Grati
se vorrete partecipare esequie vostra cliente."
"Funerali vostro cliente svolgerannosi domani forma solenne."
"Subito dopo vostra visita nostro caro deceduto."
"Infermo da voi curato passato repentinamente miglior vita".
A ogni telegramma, il donnone faceva nascostamente le corna. L'ometto proseguiva la lettura dei dispacci col suo tono uniforme, con la vocetta flebile.
"Diamovi ferale notizia perdita nostro caro che voi avevate in cura... Vostro cliente non est piú stop una prece... Catastrofe avvenuta nottata stop astenetevi venire
domani solita visita...
L'ometto s'interruppe, udendo aprirsi la porta. Sulla soglia apparve l'imponente figura del dottor Pastone, alto, grosso, florido, in camice bianco, con lo stetoscopio
in mano e una piccola lampadina sulla fronte.
"Avanti a chi tocca" disse.
Ma l'ometto e sua moglie infilarono la porta d'uscita e se la batterono facendo scongiuri. Il medico richiuse la porta alle loro spalle e il salotto, deserto e
luminoso, ripiombò nel tedio.
Da: "Manuale di conversazione"
1973 - Rizzoli
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