Zorapide
rimase a misurare nervosamente, a grandi passi avanti e indietro, il proprio
ufficio, sogguardando di quando in quando il visitatore, quasi non fosse ancora
del tutto convinto che le cose fossero andate proprio nel modo narrato. A un tratto
si fermò di botto davanti al giovine, come per un'idea improvvisa.
"Ma
scusate", disse, apostrofandolo con malgarbo, "quando poco fa m'avete detto
d'aver perduto il braccio scendendo dal tram, vi riferivate per caso a questo
episodio? "
"Precisamente"
fece l'altro. "è un fatto piuttosto comune. Avrete letto chi sa quante volte
nei giornali il titolo: "Perde un braccio" o "Perde una gamba,
scendendo dal tram".
"Ma
è tutta un'altra cosa!" sbuffò Zorapide. "Questo titolo si riferisce al
caso di uno che, scendendo dal tram, finisce sotto le ruote e ci rimette un
braccio o una gamba."
"A
maggior ragione," esclamò il giovine "deve poter riferirsi a un caso come
il mio, che è letteralmente e non metaforicamente un caso di smarrimento. E
come tale lo denunziai appunto all'ufficio oggetti smarriti o ritrovati. E
questa è la miglior prova della mia innocenza nei riguardi della vostra signora
moglie, e mi pare che dovrebbe tranquillizzarvi del tutto circa il mio
contegno."
"Lo
vedremo dall'esame dell'arto. Ma ora non si tratta di questo. Voglio dirvi,
invece, che allora, la vostra situazione personale nei riguardi delle mie
opinioni circa la vostra mutilazione, cambia aspetto"
"In
che senso?"
"E
già. Io vi ho detto che faccio maggior conto d'una disgrazia, che d'una
mutilazione dovuta ad atto eroico, e voi, in un certo senso, avete estorto la
mia simpatia, facendomi credere una cosa non vera, cioè che avete perduto il
braccio scendendo dal tram."
"Non
mi pare che la cosa cambi molto. Invece che scendendo dal tram, l'ho perduto sul
tram, poco prima di scendere, perché mi fu strappato dalla sua signora."
"Forse non mi sono spiegato" disse Zorapide. "lo volevo sapere come avete
perduto non questo braccio, ma l'altro."
"L'altro
non l' ho perduto" fece il giovinotto e mostrò il braccio sinistro.
"Eccolo"
"Ma dico quello che avevate prima!" strillò Zorapide.
"Ah,"
fece il giovine "una caduta."
"Possibile?
Una caduta grave."
"La
caduta del fascismo."
Zorapide
s'irrigidì in un'espressione di disgusto.
"Ah,
no, eh?" gridò indignato. "Vittima dell'antifascismo".
<
"Precisamente."
<
"Siete
un fascista, dunque" fece Zorapide con crescente ribrezzo.
"Ma
nemmeno per sogno. Fui vittima dell'antifascismo, benché io non fossi affatto
un fascista. Questa è l'ironia della sorte."
"Ah,
sì, eh?" esclamò Zorapide, ironico. "Strano. Strano davvero. Il solito
errore. La solita ingiustizia. Epurazione d'un innocente. E come mai si dette
questo strano caso? "
"Glielo
spiego subito" fece l'altro col massimo candore e molta sollecitudine. "La
mattina in cui era caduto il fascismo, io uscii di casa, per partecipare alle
manifestazioni di giubilo. Era la mattina in cui, lo ricorderete, per le strade
si camminava calpestando uno strato di distintivi fascisti, come avesse
grandinato.
"Naturalmente"
disse Zorapide."Tutti avevano buttato via l'odiato emblema, simbolo di
violenza e di tracotanza. Anch'io m'affrettai a disfarmi di esso, con
ribrezzo."
"Lo
immagino. Bene. Lei ha mai sentito parlare del fascismo e del cosiddetto
ventennio?"
"Qualche
volta. Alla TV".
"
Ebbene, dalle allusioni e dalle frasi udite, bisogna dire che veramente
Mussolini fu un uomo straordinario"
"Perché?"
"Riusci
a tenere soggetti sotto di sé ben quaranta milioni di persone che non lo
volevano. Ce ne fosse stata una che lo gradisse. Niente. Tutti contrari. Tutti
che mordevano il freno".
"E
come!"
"Ohé,
ma erano quaranta milioni a mordere il freno. Forse sarebbe bastato che
qualcuno, invece di mordere il freno, mordesse lui. Viceversa, tutti ostili,
tutti contrari, ma in quaranta milioni non ce la potettero contro un solo uomo.
Non c'era uno, che cos'è uno?, che lo volesse. Eppure, lui riusci a tenerli
tutti sotto, per ben venti anni. Che uomo straordinario!"
"Ma
che c'entra questo?":.
"Ecco.
La mattina in cui era caduto il fascismo, io, calpestando uno spesso strato di
distintivi, camminavo per la città percorsa da camion irti di dimostranti che
esultavano, gridavano: "Abbasso!" e "Morte!", e cercavano
disperatamente almeno un fascista per percuoterlo, per sfogare finalmente l'odio
per le angherie subite in venti anni. Ma niente. In tutta la città non si
trovava uno che fosse stato fascista. Tutti erano stati segretamente
antifascisti. A un certo punto arrivo dove si stava riunendo una colonna di
dimostranti per andare a caccia di fascisti da percuotere, e in quel momento,
per un guasto nel congegno, il maledettissimo braccio scatta in alto e si mette
in posizione di saluto romano. Così."
Il
giovanotto fece il gesto, con vivo raccapriccio di Zorapide.
"Figurarsi,"
proseguì "quello che successe. "Finalmente!" gridavano tutti.
"è un fascista!" "Dalli al fascista! Piglialo!" Per poco non mi
linciarono. Credendo che facessi il saluto fascista per provocazione. Io cerco
di spiegare: "Guardate, s'è guastato il meccanismo". Purtroppo, il
mio arto artificiale aveva questo difetto, comune del resto, a molti di questi
arti.
"E
come!" fece Zorapide, con un'ironia del tutto fuori luogo. "L'abbiamo
visto per vent'anni: tutti arti difettosi. Ma quelli non erano arti
artificiali."
"II mio ogni tanto scattava in alto. S'inceppava
la cerniera del gomito e il braccio restava teso in su, come nel saluto romano.
Finché c'era il fascismo, la cosa andò liscia, anzi mi procurò qualche
vantaggio. Ma, come le dicevo quella mattina, appena caduto il fascismo, fu un
disastro. Io dicevo: "E un braccio finto". Ma chi mi stava a sentire? E piú lo
tiravo giú, piú il braccio scartava nuovamente in alto. Me ne dettero tante, ma
tante, che il braccio si staccò, e quei bruti lo fecero a pezzi"
Da: "L' Eroe"
1976 - Rizzoli
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