Benigno
La
bisnonna Giulia, fiorentina, che morì a cent'anni per un'indigestione presa a
un pranzo di Natale, Benigno l'aveva vista bambino in casa e la ricordava come
una labile ombra piccina. S'era sposata a sedici anni ed ebbe ventiquattro
figli. A diciotto anni morì. Stava già da due giorni stesa sul
cataletto coi fiori e le candele accese intorno, quando il marito Paolo che la
vegliava, messo in sospetto da qualche indizio quasi impercettibile, avvicinò
alle labbra della morta un fiammifero acceso e s'accorse che la fiammella si
piegava. Precipitosamente buttò all'aria candele e fiori, tirò la morta
fuori dalla bara e la moglie-bimba risuscitò e visse come s'è detto fino a
cent'anni, e forse sarebbe ancora viva se non avesse avuto quel maledetto vizio
della gola.
Nel
suoi ultimi anni la vecchina, divenuta piccolissima, fu presa dalla mania di
seguire i funerali. Appena vedeva un funerale gli si metteva dietro
mescolandosi coi parenti e piangendo. "Voi" le domandavano "eravate una
parente?" "No." E piangeva. Poi rincasava e continuava a piangere
"la bell'anima", di cui ignorava persino il nome. Certe volte
riusciva a sgattaiolare di casa. 1 parenti, conoscendone il debole, ne facevan
ricerche e la trovavano appostata alla porta d'una chiesa, che aspettava
avidamente un funerale.
Era
diventata d'una ingordigia e golosità straordinarie. Sul letto di morte, già
ormai piú di là che di qua, le furono versate tra le labbra poche gocce
di caffè. "Bono" rantolò e morì.
Da: "Benigno"
1981 - Rizzoli
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